Modificato il: 25/02/2020
Nei diversi Stati dell’Africa la cannabis è legale? Scopri cosa dice la legge a riguardo.
Negli ultimi tempi si parla spesso di cannabis, della sua legalizzazione nei vari Stati del mondo e dell’utilizzo della marijuana legale in Italia.
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Nello scorso articolo ti abbiamo parlato dell’erba legale in Canada. Oggi invece ti parleremo della legislazione sulla cannabis in Africa.
I movimenti di liberalizzazione della cannabis in Africa
L’Africa ha ampiamente dimostrato in questi anni di non essere insensibile alla rivoluzione riguardante “l’oro verde”.
Se negli USA la marijuana è legale in alcuni Stati e depenalizzata in quasi tutti, se nel Canada è completamente legale dal 2018 e in Europa i movimenti di legalizzazione sono in pieno fermento, anche gli Stati dell’Africa si stanno muovendo in questa direzione.
Proprio in Africa la “dagga”, uno dei diversi nomi con cui è nota la cannabis, è ampiamente prodotta e consumata anche in quegli Stati in cui la legislazione punisce severamente il possesso e la coltivazione.
L’importanza della marijuana per le popolazioni africane ha fatto sì che il proibizionismo, arrivato nel continente dagli USA durante la Guerra Fredda, non ne abbia intaccato la cultura e la qualità.
Come è accaduto altrove, del resto, l’unico risultato del proibizionismo è stata la proliferazione delle organizzazioni criminali che ne hanno assunto il monopolio.
Basti pensare all’Etiopia, patria del rastafarianesimo, con l’85% della popolazione dedita all’agricoltura, in cui la coltivazione della marijuana è illegale ma nonostante ciò è uno dei maggiori centri di produzione del continente!
Legalizzare la marijuana è il primo vero passo nella lotta al crimine: se ne sono resi conto in molti in Africa, ed ecco la situazione attuale nei maggiori Paesi interessati.
Marocco, il turismo stupefacente
Gli ultimi dati statistici disponibili, risalenti al 2013, comunicano che in Marocco circa 90.000 famiglie hanno come fonte di reddito la produzione e il commercio di cannabis e derivati, in particolar modo l’hashish, ricavato dalla resina della marijuana.
La cultura dell’hashish marocchino, apprezzato specialmente dai consumatori europei, ha portato, inoltre, negli ultimi anni alla creazione di un vero e proprio turismo stupefacente.
Non solo, dunque, le bellezze del Paese, con gli altopiani, il deserto, l’oceano e le tipiche città, ma anche la marijuana costituisce una forte attrattiva per i turisti e un cospicuo contributo all’economia marocchina.
Nonostante, dunque, la marijuana sia ancora illegale, il governo del Marocco chiude entrambi gli occhi.
Secondo gli studi di Prohibition Partners il Paese potrebbe giungere alla legalizzazione entro il 2023, ufficializzando un mercato di circa 800 milioni di dollari.
Lesotho, il precursore della marijuana in Africa
Il Lesotho è da sempre uno dei maggiori produttori di cannabis in Africa: nel 2000 si calcolava che il 70% della cannabis nell’Africa meridionale fosse prodotta in Lesotho.
Con il 40% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà, con un PIL di circa 1,25 dollari al giorno, la coltivazione di marijuana è per molti questione di vita o di morte.
Anche per questo motivo, oltre all’impossibilità di porre fine alla coltivazione illegale, nel 2008 lo stato africano decise di legalizzare la coltivazione di cannabis per scopo terapeutico, permettendo così, previa richiesta di un permesso, di produrre liberamente marijuana.
Nel 2017 sono state ufficialmente regolamentate 5 compagnie produttrici, molte delle quali poi acquistate da società canadesi dopo la legalizzazione del 2018.
La regione, infatti, è ideale per questo tipo di coltura e le piantagioni sono diffuse dappertutto.
Zimbabwe: la legalizzazione… a metà.
Lo Zimbabwe, nel 2017, ha seguito l’esempio del Lesotho, permettendo, attraverso la concessione di specifiche licenze, la produzione di cannabis per scopo terapeutico.
La nuova regolamentazione, tuttavia, per il disappunto della popolazione, non ha portato alcuna modifica sulle precedenti leggi proibizioniste.
Per quanto la coltivazione della cannabis sia sempre stata diffusa e, con questa parziale legalizzazione, sia divenuta ufficiale, il possesso e l’uso ricreativo sono severamente puniti.
Essere scoperti in possesso di quantità anche minime di marijuana, infatti, può portare anche a 12 anni di reclusione.
Sud Africa, l’esempio del Canada
Tra gli Stati africani, il Sud Africa è senza ombra di dubbio quello che ha preso maggior spunto dalla legalizzazione totale della marijuana così come avvenuto in Canada.
Con un paio di mesi di differenza, infatti, la Corte Costituzionale di Johannesburg ha dichiarato anti-costituzionale la proibizione di coltivare e assumere per uso personale marijuana in luoghi privati.
Con la sentenza del 18 settembre 2018, dunque, in Sud Africa è completamente legale coltivare e consumare cannabis per uso personale, mentre resta al momento illegale il consumo e la vendita in luoghi pubblici.
La Corte Costituzionale ha concesso al governo 24 mesi per apportare le opportune modifiche giuridiche, motivo per cui la popolazione è ancora in stato di incertezza.
Si tratterebbe di un mercato valutato intorno ai 7,9 miliardi di dollari all’anno!
Legalizzazione in Africa: le problematiche
Lo studio “The African Cannabis Report” pubblicato da Prohibition Partners mette in luce che: «In nessun’altra regione del mondo l’industria della cannabis ha a che fare con una contraddizione di questo tipo, in termini di rapporto tra produzione e legalità».
Secondo lo studio, se i nove maggiori produttori di cannabis (Sudafrica, Zimbabwe, Nigeria, Lesotho, Marocco, Malawi, Ghana, Eswatini e Zambia) legalizzassero completamente la coltura, non solo vi sarebbe una regolamentazione dei lavoratori (attualmente circa 1,2 milioni), ma si creerebbe un nuovo mercato per il continente, capace di imporsi a livello mondiale.
Le problematiche, tuttavia, sono legate alle deboli capacità istituzionali di molti dei Paesi africani.
Non solo la legalizzazione richiederebbe, dunque, un processo assai lungo di mediazione sia interna sia estera con la Commissione Mondiale per la Politica sulle Droghe, ma dovrebbe anche tutelare i privati dalle interferenze delle multinazionali che, con la legalizzazione in Canada e USA, sono già partite alla conquista del mercato.